venerdì 30 settembre 2011

Documentazione didattica. Tra autonomia professionale e centralismo burocratico

Gian Carlo Sacchi

Se il futuro della didattica non sarà più legato all’applicazione uniforme dei programmi nazionali, la documentazione è l’elemento indispensabile non solo a storicizzare il percorso, ma a costituire la base, sia per la ricerca educativa, sia per la decisione politica. Essa svolge infatti una funzione pedagogica, aiuta a rendere sistematica l’azione, che origina dalla condivisione progressiva di diverse attività, culture, soggetti, organizzazioni e la rende fruibile in altri contesti e processi. Ha una funzione pubblica, da conto cioè degli investimenti fatti dalla comunità e della ricaduta sulla crescita della stessa, sia a livello di scelte di governo, ma anche da parte dei diversi soggetti che operano sul territorio. Infine ha una funzione professionale, costituisce l’oggetto principale della comunicazione orizzontale, tra docente e docente, e la fonte della riflessione e dell’innovazione. L’esperienza formativa non è generalizzabile in astratto, perché la sua natura e composizione risentono più che altro dei contesti nei quali vengono elaborate e realizzate: è la documentazione la base conoscitiva sulla quale si può fondare la trasferibilità, ma anche il cambiamento.
Durante la stagione BDP – INDIRE/IRRSAE- IRRE, che potremmo definire dell’accompagnamento, è stato compiuto un considerevole sforzo per diffondere ed aggiornare le metodiche e le tecnologie necessarie ad immagazzinare informazioni e a comunicarle, nonché a promuovere la cultura del documentare come componente strutturale dell’agire didattico.
Non è che questa competenza abbia fatto molta strada nel comportamento dei docenti e delle scuole ed ora che siamo passati nella nuova stagione, quella del “bando”, si va rapidamente verso un’azione selettiva prima ancora di aver operato significativamente sul fronte della promozione.
Stringere le maglie della valutazione solo perché diminuiscono le risorse più che favorire i migliori impoverisce l’intero sistema e induce le scuole ad una competizione che non aumenta la qualità del progetto, ma crea fibrillazione alla ricerca continua di finanziamenti. L’eccellenza, è noto, si accresce se il dato medio tende ad elevarsi; l’allargamento della forbice tra i più e i meno bravi aumenta la disuguaglianza e produce depressione.
L’infrastruttura rimasta a livello istituzionale ad occuparsi di documentazione è l’ANSAS, che continua a gestire in maniera centralistica la banca nazionale di esperienze GOLD. In passato questo era un acronimo: global online documentation, oggi raffigura le best practices. E’ ancora un sicuro punto di riferimento per quanto riguarda il know how tecnologico, ma ormai è al servizio della documentazione dei progetti nazionali, mentre le scuole devono partecipare ad un bando ed essere valutate secondo canoni che lasciano ampi margini di discrezionalità nell’interpretazione degli indicatori.
Si sa che l’intenzione di virare verso il multimediale è in linea con la concezione attuale dell’efficacia della comunicazione, ma qual è lo stato di adeguatezza delle scuole e del personale per arrivare ad un tale traguardo ? Sicuramente le competenze necessarie non sono solo diverse, ma devono necessariamente essere maggiori; il singolo istituto fatica a mettere insieme il time e soprattutto non ha soldi da investire ne in apparecchiature ne in formazione. Allora ci si deve rivolgere alle potenzialità del territorio, ma solo per fare bella figura nei confronti della vetrina GOLD ? Il trincerarsi dietro la logica dei bandi fa leva sui giudici, ma perde di vista la funzione del maestro, allontanando così sempre di più i supposti pochi eccellenti da una domanda di documentazione che deve ampliarsi secondo l’ottica dell’autonomia e della “qualità di massa”.
I territori devono intervenire, perché la documentazione è la condizione indispensabile per poter innovare, non aspettando più i nuovi programmi, ma appoggiandosi ad esperienze che devono costantemente crescere in qualità e consapevolezza.
Un po’ tutte le leggi regionali al riguardo, anche se con modalità differenti, si preoccupano di sostenere l’offerta formativa passando attraverso soprattutto la qualificazione del personale, introducendo o competenze esterne particolari o strutture che offrano servizi in tal senso, in primis la documentazione, con l’opportunità di costruire reti tra di loro che vedano anche la presenza di GOLD.
Sono sorti “centri di documentazione” a cavallo tra le scuole autonome e le altre agenzie che intervengono nel settore, che devono andare di pari passo con la programmazione dell’offerta formativa, assumendo la configurazione di “laboratori” per la raccolta dei materiali, l’informazione, la comunicazione professionale, la ricerca e la formazione.
La riorganizzazione amministrativa tra lo Stato e gli Enti Locali, il completamento dell’autonomia soprattutto per quanto riguarda la dimensione didattica, di sperimentazione e sviluppo, richiedono di far leva su strutture e competenze che sostengono le scuole stesse e che alimentano con detti ingredienti la connessione tra le diverse realtà.
Insomma, anche se ancora a pezzi, si può ipotizzare una nuova stagione del documentare per promuovere la cultura professionale, l’innovazione didattica, in un’ottica di “sistema delle autonomie” ?
Qualche dubbio viene dalla lettura del recente decreto mille proroghe che mette a punto lo strumentario per la valutazione delle scuole. Si pensa ad un assetto a tre gambe: ispettori, e ne è chiara la funzione, INVALSI, e sappiamo di cosa parliamo, e ANSAS; qui tutto si fa più ambiguo, non solo per il sospetto che si tratti del salvataggio in extremis di un ente che può servire al Ministero per impartire formazione o per dialogare con l’Europa, ma soprattutto per la pericolosa inversione di tendenza, quella cioè che mette la documentazione al servizio della valutazione. Un conto è dunque che si documenti per promuovere la cultura, e quindi che si debba fare ogni sforzo perché i docenti ne facciano oggetto di una più approfondita capacità professionale (vedi i percorsi formativi indicati da diversi piani di studi universitari per la preparazione di iniziale), un altro è se i materiali e le esperienze potranno venire utilizzati per giudicare, in un’ottica, come si dice, meritocratica. Ed allora date queste sole premesse non ci si dovrebbe lamentare se la produzione tende e a diminuire e scattano meccanismi di difesa.
Sentendo che l’ANSAS sta promuovendo ricerche circa la documentazione per la valutazione, l’autovalutazione, l’osservazione, chiedere qualche chiarimento in più non guasta. E’ interessante poter far luce anche sul processo valutativo che ha portato a premi per gli insegnanti e porterà a maggiori risorse economiche per le scuole. Si sa, infatti, che la trasparenza e la certezza sulle modalità, oltre alle ricadute, sono gli elementi che persuadono di più i docenti stessi, oltre a consentire un approfondito esame delle condizioni in cui avvengono questi accertamenti e dei risultati che producono, anche in confronto con altri Paesi dove sono in atto, non senza problemi.
E’ evidente che si debbono usare documenti anche per valutare, ma se si avesse il coraggio di chiarire fino in fondo le intenzioni e di adottare i conseguenti provvedimenti, si eviterebbe di alzare il solito polverone, rispetto a ciò che deve avere un carattere amministrativo da ciò che assume un valore professionale. Entrambi porteranno a scegliere, da una parte in modo verticale, rispetto a qualcuno che giudica e dall’altra orizzontale, dove è importante per il collega la replicabilità dell’esperienza o cosa può ispirare nel campo della riflessione e dell’innovazione.
Se il Governo ha più bisogno della prima per legittimare continuamente la propria politica, i docenti sentono sicuramente più importante la seconda, e lo dimostrano le banche dati che sorgono numerose nei contenitori di internet, per la vita d’aula ed il successo formativo dei loro allievi.